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Pàolo Uccello.

Pseudonimo di Paolo di Dono. Pittore italiano. Formatosi a Firenze presso G. Starnina, già nel 1407 fu aiuto nella bottega di Ghiberti per la rifinitura della prima porta del battistero; nel 1415, fu iscritto all'Arte dei Medici e Speziali e nel 1424 alla Compagnia dei Pittori di san Luca. Nel 1425, mentre a Firenze si sviluppavano con Brunelleschi le ricerche prospettiche proprie del linguaggio figurativo rinascimentale, egli, affascinato dall'opera di Gentile da Fabriano, si recò presso di lui a Venezia, dove ancora fioriva il Gotico internazionale, per lavorare ai mosaici di san Marco (realizzò una figura di san Pietro sulla facciata, oggi perduta). Si hanno notizie certe del suo ritorno a Firenze nel 1430, dove guadagnò rapidamente notorietà e stima, come testimoniano le commissioni ricevute per alcuni lavori al duomo. Nel 1445 si recò a Padova, per affrescare con Donatello figure di personaggi illustri in casa Vitaliani (I Giganti, oggi perduti). Di nuovo a Firenze nel 1446, P.U. vi rimase fino al 1465, quando si trasferì a Urbino per qualche anno. L'ultima notizia in nostro possesso che lo riguarda è il suo testamento del 1475. Quando P.U. ricominciò a lavorare a Firenze nel 1430, il suo linguaggio rivelò la fusione di elementi gotici gentileschi, la capacità plastica appresa in gioventù alla scuola di Starnina e caratteri propri dello stile di Ghiberti, mentre permase la scelta compositiva medioevale delle scene collegate, come mostrano gli affreschi del chiostro verde di Santa Maria Novella (Storie della Genesi, comprendente la Creazione degli animali, la Creazione di Adamo, la Creazione di Eva e il Peccato originale). In luogo della perspectiva artificialis introdotta a Firenze dalle opere di Brunelleschi, Masaccio e Donatello, nei lavori di P.U. prevalse la perspectiva naturalis dell'ottica medioevale, affrontata in modo personale, con un gusto non occasionale per l'uso delle forme geometriche come trama compositiva e in particolare del circolo. Affascinato dai problemi della ricerca prospettica, egli cercò di trovare soluzioni autonome, valendosi anche del colore brillante e fantastico di ascendenza gotica. Il Monumento equestre a Giovanni Acuto (1436, Firenze, Santa Maria del Fiore), scorciato a partire dal basamento e geometricamente impostato nella figura a cavallo, raggiunse risultati monumentali anche grazie all'uso del colore verde, tipico delle statue bronzee. Al 1440 risalgono gli affreschi di San Miniato al Monte (Storie dei santi monaci, oggi danneggiati), esempio della realizzazione di una prospettiva dolce, non centrata su un unico punto di fuga, ma ottenuta attraverso una serie di piani paralleli al fondo. Ugualmente multipianale è l'impostazione dei due dipinti di San Giorgio e il drago (custoditi rispettivamente a Parigi, Musée Jacquemart-André e Londra, National Gallery): nel primo, è di particolare suggestione la resa in prospettiva aerea della campagna circostante la scena centrale. Vasari accenna anche ad una serie di "dipinti piccoli" di P.U., posti in diverse case fiorentine; questo elemento rende dubbia l'attribuzione di alcune opere di piccole dimensioni a vari scolari di P.U. (Maestro di Prato, ecc.) piuttosto che all'artista stesso. A maggior ragione, ormai si ritiene di poter assegnare direttamente a lui il ciclo di affreschi della Cappella dell'Assunta nel duomo di Prato, pur ammettendo la presenza al suo fianco di aiuti. Al 1443 risalgono le quattro Teste dei Profeti, eseguite per l'orologio di Santa Maria del Fiore; negli stessi anni l'artista lavorò ai cartoni per le due vetrate tonde della Natività e della Resurrezione. Ancora nel chiostro verde di Santa Maria Novella, egli affrescò il Diluvio e le Storie di Noè (la loro datazione non è certa, forse è compresa tra il 1450 e il 1460, sicuramente posteriore al 1445). Il linguaggio appare ulteriormente maturato, mantenendo però una notevole autonomia ed eterodossia espressiva rispetto alla modalità contemporanea, mentre la drammaticità di alcune scene precorre toni che saranno michelangioleschi. Capolavori della produzione di P.U. sono considerati i tre pannelli della Battaglia di San Romano (1456 circa; conservati separatamente a Londra, National Gallery; Parigi, Louvre; Firenze, Uffizi) che celebravano l'episodio in una sala del palazzo dei Medici. Si tratta di opere di carattere epico in cui la complessità delle combinazioni e la sovrapposizione delle forme determina una sorta di magica sospensione e la coesistenza di ordine e caos, ottenuta anche attraverso efficaci raffinatezze cromatiche. Seguì il quadro della Caccia Notturna, conservato all'Ashmolean Museum di Oxford, in cui la consueta rete prospettica è animata da animali e cacciatori che si muovono nell'ombra. A Urbino P.U. realizzò una predella (che avrebbe dovuto servire come base a una pala di Piero della Francesca, poi non eseguita) raffigurante la leggenda del Miracolo dell'ostia (Urbino, Galleria nazionale delle Marche): è costituita da sei scene, in cui la composizione in "collegato" di gusto medioevale è giocata secondo spazi rappresentati con varie angolature prospettiche, che racchiudono figure minute nelle dimensioni e nella gestualità, immerse in un'atmosfera coloristicamente suggestiva e irreale. Con il Crocefisso tra Maria e San Francesco (Lugano, Collezione Thyssen), si concluse l'attività di questo artista: autonomo, originale e di grande personalità al punto che, pur avendo esercitato grande influenza su molti pittori successivi, non ebbe mai nessun vero continuatore (Firenze 1397-1475).
Paolo Uccello: “Ritratto di giovane”